Ho sentimenti contrastanti riguardo a Red Pill di Hari Kunzru. Da un lato con un titolo del genere ti stai candidando all’occasione persa dell’anno , inoltre un romanzo angloamericano che parla di uno scrittore che vive a Manhattan con una bella moglie e una bella figlia e parte per una residenza letteraria per quel che mi riguarda sta mettendo premesse terribili. Dall’altro è quel genere di romanzo/saggio che adoro (quel genere che sta al polo più commercialmente spendibile della theory-fiction), tocca il tema da una prospettiva personale e finisce per mettere in discussione proprio le premesse di cui sopra:
Up until now there have been two tracks or timelines: the one that Rei and […] our friends live on, in which the future is predictable, a steady progression in which we are gradually turning into our own mothers and fathers […]. Then there’s the second track, the occult track on which all this normality is a paper screen over something bloody and atavistic that is rising up out of history to meet us.
L’idea che la pillola rossa sia in fondo una pillola nera è interessante, ma opinabile; Anton è un personaggio ballardiano forse un po’ fuori contesto. Ma il romanzo ha una struttura insolita, fatta di divergenze e accelerazioni improvvise ed è scritto bene. È anche molto stratificato: non tutto è riuscito, né torna come dovrrebbe, ma non è nemmeno superficiale.
Curioso di scoprire se il Saggiatore (editore italiano degli altri libri di Kunzru) alla fine lo porterà in Italia.