Su Stanza 251 Stefano Loria propone una bellissima lettura di Essere senza casa, che definisce (credo molto appopriatamente) un “libro-prisma” “caleidoscopico” identificando con estrema accuratezza (quando si dice che il critico è lo psicanalista dello scrittore) le due emozioni che mi hanno attraversato nello scriverlo: l’esaltazione associativa e l’ansia, sopratutto l’ansia heideggeriana che mi accompagna un po’ da sempre, quella del senso:
Essere senza casa propone una brillante ed accurata cartografia di temi culturali oggi fondamentali, ma al tempo stesso conserva all’interno della sua fitta trama concettuale un nucleo radiante di ansia, poiché insegue – dentro i rischi di dominio delle reti di comunicazione sociale, negli scenari politici in agguato, nella consapevolezza che il progresso scientifico potrà modificare la nozione stessa di essere umano – la grande fatica di dare un senso al mondo