Su Flanerì Giovanni Bitetto scrive una recensione molto bella e profonda di Essere senza casa, lusingandomi con accostamenti a Iain Sinclair e all’ermenautica barocca e sopratuttto cogliendo esattamente ciò che volevo fare con questo libro, cioè fornire qualche strumento culturale per leggere il presente:
Questo è solo un percorso di lettura fra i molti che predispone il ventaglio discorsivo di Essere senza casa. Si tratta di un’utile cassetta degli attrezzi in cui il lettore accorto può prelevare i simboli adatti a discernere il reale, giacché ogni aspetto preso in esame dall’autore prevede il nitore della sintesi, segno della profonda riflessione che c’è a monte. Ecco che ci ritroviamo ad avere un alfabeto preciso per esprimere l’abisso psichico e materiale di cui fa esperienza il cittadino dell’Occidente globalizzato. D’altronde, a proposito di case, io stesso scrivo questo articolo in procinto di lasciare il nono appartamento in nove anni, nella quarta città in cui ho vissuto, e chissà se sarò già a disfare le valigie nel decimo quando questo pezzo verrà pubblicato.
Una replica a “Essere senza casa su Flanerì”
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