per me la letteratura ha molto a che vedere con l’idea di nudità.
vi faccio degli esempi: una volta (avevo sette, otto anni al massimo) mi trovavo al mare con i miei genitori. a quei tempi avevo un’amica, una certa silvia, una ragazzina di quattordici o quindici anni che giocava con me in spiaggia e con cui facevo interminabili passeggiate lungo il litorale. dopo le passeggiate facevamo il bagno, e dopo il bagno andavamo a cambiarci in quei piccoli capanni di legno che le spiagge mettono a disposizione come spogliatoi. un giorno succede questa cosa: io mi cambio in fretta e furia, come al solito, e aspetto che lei esca dal suo capanno di legno per tornare in albergo dai miei genitori. sono lì che aspetto nell’aria fresca della sera quando mi accorgo di qualcosa: lungo la parete dello spogliatoio in cui si trova silvia c’è un piccolo foro, un’incrinatura tra le assi. dominato da un imponderabile (e fino allora sconosciuto) impluso mi accosto al foro e guardo.
quello che provo è difficile da definire se non come l’idea stessa di nudità. non tanto la sua (non ricordo nemmeno se in effetti fosse completamente nuda o meno; probabilmente la differenza, a quell’età, era per me del tutto irrilevante) quanto la mia: i miei sentimenti messi a nudo, il mio imbarazzo, i fiotti di sangue incontrollabile che pulsa nelle tempie.
un altro esempio: la mattina in cui mio padre mi dice che mio nonno, malato da tempo di cancro ai polmoni, è morto. di nuovo nudità: dolore, paura, violenza (della vita che finisce) per un istante infinitesimale allo stato puro.
ancora: la scena di “novecento” in cui donald sutherland uccide il bambino. troppo rapida, troppo incocepibilmente violenta per essere compresa, metabolizzata, assorbita.
questa sensazione indefinibile (la nudità delle cose che improvvisamente si svela, con una potenza d’urto incontrollabile) resta per me un importantissimo sintomo di buona letteratura. la parola scritta che riesce a sollevare per un istante il velo di teorie (di finzioni, di rimozioni) che permettono alla nostra vita di proseguire ogni giorno senza collassi improvvisi. il senso più profondo delle cose che senza alcun preavviso si rende manifesto e ti colpisce come uno schiaffo in pieno volto.
chiudo citando carver: “è possibile scrivere una sola riga di dialogo e far tremare la spina dorsale del lettore”.
fai questo, mi dico nei momenti di maggiore lucidità, e forse le parole che scrivi avranno senso.

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