Tra i pochi libri che ho riletto più volte da cima a fondo ci sono Manhattan Transfer di John Dos Passos e Berlin Alexanderplatz di Alfred Döblin. I due romanzi sono stati scritti a pochi anni di distanza da due autori nati lontano dalle città che hanno deciso di raccontare (a Chicago il primo, Stettino il secondo) in un periodo, quello tra le due guerre, in cui la metropoli modernista era al suo apice.
Date le somiglianze, non stupisce che entrambi i romanzi offrano una visione della città comparabile: travolgente, ma anche inquietante; caotica, frammentata, impossibile da afferrare con uno sguardo unitario – un crocevia di narrazioni sovrapposte continuamente disperse da una invincibile forza centrifuga. Tuttavia, o proprio per questo, l’esperienza della città nei romanzi di Dos Passos e Döblin è profondamente imprescindibile: non c’è nessun altro luogo dove valga la pena stare.
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